Sulla Sila, fra libri e fiocchi di lana
Cominciamo col dire che la Sila è uno stato della mente prima di tutto. Il bosco qua non c’è l’hai fuori, ma dentro. Nel senso che ti entra come edera e si aggrappa dappertutto, allo stomaco, ai polmoni, su fino al cervello.
A Soveria Mannelli faccio un blitz da un editore che produce cultura internazionale da un paese di tremila anime.
Poi mi imbatto in un architetto visionario, che ha ripreso le macchine di tessitura del bisnonno e le ha riaccese, così com’erano, per produrre “tessuti imperfetti”‘ dice lui. E venderli nei concept store di tutto il mondo. “A Carpi secondo me non hanno capito come si deve rispondere alla crisi…”, mi dice. A un certo punto riaccende il treno di cardatura e la macchina si mette a parlare con suoni ventriloqui e odore di grasso e olio d’oliva.
Poi passo da un vecchio amico a Panettieri, il comune più piccolo della Calabria, che mi annuncia l’inaugurazione di una casa di riposo nei locali della vecchia scuola. Per certi settori l’Appennino fa ancora da traino. E mi parla del brigante Talarico, un mito da queste parti, che presto avrà un museo.