A Jelsi, sulla via di San Michele
A Jelsi, paese fondato dai bulgari, vengo rapito da una banda di bambini entusiasti che mi fanno da guide per il paese. E mi parlano di un mostro, l’urz, che viene a visitare gli abitanti per Carnevale. Poi mi conducono in una cripta misteriosa, dove si sperimentò la prima pittura in prospettiva con un Cristo completamente nudo. E dove puoi toccar le ossa dei morti per la peste del 600. Ma è San Michele oggi, così finisco in un trekking improvvisato sulla via Micaelica, antica via di pellegrini che gli abitanti di Riccia e Gildone hanno riscoperto. Michele, fabbro e archeologo dalla mole possente mi parla del culto di San Michele e dello spirito gitano di queste terre. E Antonio mi invita a guardare il paesaggio: “la vedi quella collina là? Tante case sparse, ognuna col suo pezzetto di terra. Qua siamo artigiani, piccoli contadini, sempre abituati all’autonomia, all’indipendenza economica, da quando ci facevamo le case con paglia, canne e sterco. Questo spirito ha forgiato il paesaggio”. Camminiamo lungo la via dei pellegrini lungo antiche taverne, croci viarie e monasteri. E ognuno lascia sul brecciolino il proprio ricordo di una terra armentizia e artigiana. Crocevia da millenni di uomini in viaggio, come te oggi. Confine e punto di snodo per fato e per vocazione.